Papa-Francesco

E sui gay è nel solco della tradizione

di Aurelio Mancuso

Ci sono diversi fraintendimenti che vanno chiariti. In primo luogo l’elezione del papa Francesco non è per ora  un segnale di concreto mutamento della complessa realtà che va sotto il nome di chiesa cattolica. Ho già chiarito in altro articolo che un papa non può da solo smontare, se mai lo volesse, un’organizzazione che ha nell’esistenza dello Stato Vaticano  il peccato storico di una chiesa-potere che il Concilio Vaticano II ha tentato timidamente di mettere in discussione. Da un arcivescovo latino americano, gesuita, rigorista e dalle visioni morali e sociali tutte intrise di conservazione, cosa ci si può attendere? Un altalenante ambiguità tra la necessità di modernizzare (che per la sua mentalità si ispirerà a un tentativo di rielaborazione della chiesa patristica) e una proposizione pastorale di concetti conservatori in materia di libertà, secolarizzazione, diritti civili. Un fermo e duro sostenitore dei fondamenti su cui poggia una chiesa da riformare, ma di cui non mettere in discussione alcuni pilastri, su cui convergono tutte le anime politiche e teologiche del collegio cardinalizio. Per questo bisogna mettere sull’avviso tutti i superficiali commentatori che indicano Bergoglio come “progressista”. continua a leggere Da ora bisognerà attendere se rispetto alla sua figura di cardinale che riteneva che “Le donne sono naturalmente inadatte per compiti politici. L’ordine naturale ed i fatti ci insegnano che l’uomo è un uomo politico per eccellenza, le Scritture ci mostrano che le donne da sempre supportano il pensare e il creare dell’uomo, ma niente più di questo”, ci sarà una assunzione del complesso dibattito interno alla cattolicità, o se come Ratzinger cercherà di affermare senza mediazioni le proprie convinzioni. Pochi sanno, per esempio, che il papa ritenuto più progressista della storia, Giovanni XXIII, avesse la fobia del contatto fisico con le donne, oltre a un atteggiamento psicologico sempre imbarazzato nei loro confronti. Questo gli impedì di dare lo scossone che produsse anche rispetto al ruolo delle donne una rivoluzione, poi purtroppo tradita? Anche sui matrimoni gay, aborto, famiglia il rigoroso cardinale argentino ha mostrato tutta la sua avversione alla modernità contemperando queste fobie con la concreta vicinanza ai poveri, contrastando il carrierismo e le storture del capitalismo. Non di meno le accuse mosse nei suoi confronti sulle attiguità con il regime dittatoriale argentino di Vileda, sono un’ombra sulla sua biografia, che però sono state da più parti smentite. Da arcivescovo ha inoltre, promosso una campagna di pentimento e richiesta di perdono per il coinvolgimento della chiesa in quel triste periodo storico.  Per intanto le  sue prime uscite da papa dimostrano più di tante parole che lo stile vuol essere di esempio e la Curia, pur cercando di avversarlo, dovrà abbozzare, i tempi dello strapotere edonistico dei Bertone è finito. Clamoroso quel crocifisso di ferro sul petto, quelle scarpe semplici ai piedi, il ritorno finalmente ai riti post conciliari. Allo stesso tempo il continuo richiamo della presenza del diavolo tra noi, riporta a esegesi medioevali, a una materializzazione del male attraverso le figure allegoriche antiche, che concedono troppo a possibili scivolamenti teologici da spicciola propaganda clericale. Con una sintesi non volutamente esaustiva si potrebbe dire che hanno perso i conservatori reazionari rinascimentali a favore degli intransigenti purificatori dei costumi e delle strutture. Niente di “progressista” ma un tentativo, che tra l’altro ha dovuto raccogliere anche un pezzo di consensi degli avversari a causa della non casuale regola imposta da Ratzinger della votazione dei due terzi, tutto interno a una visione generale di preservazione dello status quo attraverso una rinfrescata di facciata. Finché papa Francesco o chi dopo di lui nei prossimi secoli, non chiuderà lo Ior, rinuncerà ai privilegi e usi barocchi, metterà in discussione la persistenza di uno Stato teocratico, niente di sostanziale sarà avvenuto. E di queste indicazioni, son piene le riflessioni, pubblicazioni, dibattiti dentro le chiese locali, le università cattoliche, le organizzazioni di teologi. E’ probabile che papa Francesco stupirà il mondo, e già nei suoi primi giorni di pontificato ha sconvolto abitudini, cerimoniali, consuetudini, a partire dal quel suo primo discorso dalla loggia dove non ha mai pronunciato la parola “papa” ma solo quella di “vescovo”,  atteggiamento che già da solo sta facendo discutere tutti gli intellettuali cattolici e che sembra un messaggio distensivo alle chiese protestanti e ortodosse. Per la gerarchia i gesti sono come leggi annunciate, per cui in queste ore nei sacri palazzi il sentimento più diffuso è il timore. Non bisogna però farsi fuorviare, conteranno le decisioni concrete, probabilmente assunte in forma più collettiva del passato e che potranno darci la misura delle vere intenzioni di Francesco. L’evangelizzazione del mondo, sintesi che significa  confronto con la secolarizzazione, con le nuove forme di organizzazione della fede, che i prelati denominano in modo sprezzante “sette”, con le povertà e i conflitti, le libertà e i diritti, è la croce che i cardinali hanno messo sulle spalle del nuovo papa, che bisognerà vedere se riuscirà a portarla con l’annunciata energia. In fondo l’alta gerarchia si affida a questo duro vescovo come un’ancora di salvezza, che però potrebbe forse stupirli comprendendo che il problema sta nella stessa chiesa storicamente arrivata a noi. In ultimo vorrei sommessamente consigliare al nuovo vescovo di Roma, una lettura proficua, il numero 06 del giugno 2008 di Aggiornamenti sociali, mensile dei Gesuiti pubblicò un contributo del gruppo di studio sulla bioetica “Riconoscere le unioni civili?”. Insieme ad altre pubblicazioni sempre dell’Ordine di provenienza di Francesco, per esempio sulle donne, rappresenta una buona base di riflessione sui diritti civili.

settimanale gli Altri venerdì 22 marzo 2013

Share