Il garantista - 09-04-2015Il carroccio cavalca il malessere sociale. Obbiettivo diventare il primo partito di destra. 

Di Aurelio Mancuso. Conache del garantista ed 09/04/2014

La campagna delle elezioni regionali della Lega può regalare a Matteo Salvini un risultato abbondantemente sopra alla soglia delle due cifre. Nei sondaggi il movimento oscilla tra il 13 al 16 per cento dei voti, un aumento sostanzialmente dovuto a un espandersi del consenso anche in regioni fino ad oggi ritenute inespugnabili. La povertà, che ha desertificato molti dei sentimenti di solidarietà tra la popolazione più esposta dalla lunga crisi, favorisce l’attecchirsi dello slogan “prima gli italiani”, evoluzione de “padroni a casa nostra”, quando questo significava che i “buoni” padani dovevano comandare nel nord e, non i “cattivi” terroni che occupavano i posti pubblici e aumentavano la criminalità e il lassismo. Da qualsiasi lato lo si voglia prendere il razzismo è un’arma efficacissima, quando è usata con sapienza, la giusta dose di arroganza mediatica, coccolata da schiere di intrattenitori dei talk show. Dentro il fenomeno Salvini, come sempre a torto liquidato dalla sinistra elitaria, risiedono un coacervo di calcoli elettorali e progetti politici di medio periodo, molto accorti. Il capo della Lega sa benissimo che è altamente improbabile che diventi presidente del Consiglio, ma è consapevole che la sua destra, si può evolvere passando dalla xenofobia spicciola al nazionalismo anti imperialista europeo, per poi contribuire alla ridefinizione del campo liberista conservatore. Per ora il Matteo da Giussano, accoglie strumentalmente i gruppi dell’estrema destra, ma che per vie scompositive e aggregative punta all’insuccesso di un nuovo soggetto moderato. Il trionfo di Sarkozy nelle recenti dipartimentali francesi, la buonissima affermazione della Le Pen, raccontano della mutazione in atto dei conservatori in tutto il continente e oltre oceano.

E la campagna contro i rom, così immediata, condivisa dalla maggioranza dell’opinione pubblica è un “necessario” passaggio, cui la Lega di Salvini sa di dover utilizzare per rafforzare la sua influenza culturale. Per cui è comprensibile che l’eurodeputato intensifichi la crociata: “Cosa farei io al posto di Alfano e di Renzi? Con un preavviso di sfratto di 6 mesi raderei al suolo i campi rom”. Secondo il segretario dei padani i rom: “Come tutti gli altri cittadini, si organizzano, comprano o affittano una casa. I campi rom in Europa non esistono e hanno i diritti e i doveri di tutti i cittadini”. Sul fronte opposto gli risponde il deputato Pd Khalid Chaouki: “La questione relativa alla gestione dei rom va certamente affrontata di petto e con determinazione, a partire dalla tutela dei minori dallo sfruttamento e dalla chiusura dei vergognosi campi-ghetto, simbolo del fallimento trasversale delle politiche sui rom in questi anni soprattutto nella capitale”. A ben leggere le parole di Chaouki, che respinge: “La sterile e ridicola propaganda della Lega, perché alzare i toni e alimentare un clima di odio serve sola nascondere le colpe dei veri responsabili” dentro il campo democratico si è aperta una riflessione nuova, una ammissione che le vecchie risposte non sono più sufficienti. I numeri dicono che in Italia vi sono circa 157mila rom, di cui la gran parte italiani, che i campi hanno aggravato una situazione che in altri paesi è stata affrontata, a fronte di cifre ben più alte, con maggiore efficacia e rispetto dei minimi standard di umanità.“L’allora ministro Maroni – ricorda il deputato Pd – ha speculato politicamente senza risolvere alcunché facendo calare sulla giunta Alemanno milioni di euro in nome di una falsa emergenza rom e alimentando di fatto le casse di Mafia Capitale”. Ma che la destra strumentalizzi questi temi è risaputo, il problema è che la sinistra, che governa diffusamente negli enti locali e negli ultimi vent’anni è stata varie volte al governo, non ha saputo mettere in campo politiche adeguate. A cominciare da Roma, il diffuso malessere delle periferie, su cui si sono scaricati centri di accoglienza, campi rom e ignorate i problemi causati da una crescita abnorme dell’urbanizzazione, della mancanza di servizi e trasporti, interrogano oggi non Marino, ma la stagione di Alemanno, e pure le precedenti giunte di centro sinistra. In generale è un modello di multiculturalismo politico, evocato come unico strumento non razzista in grado di affrontare le emergenze, gestire la convivenza, promuovere l’integrazione, a uscirne sconfitto. Salvini fonda la sua attuale fortuna politica, capace com’è di far passare in secondo piano il fatto che le due leggi che più hanno aggravato la situazione sono la Bossi Fini e la Giovanardi Fini. Per questo oggettivamente siamo in una fase politica inedita, dove la narrazione del segretario leghista sostiene che il suo partito diventerà il primo partito del centro destra alle regionali del 31 maggio, usando anche l’argomento che nelle regioni rosse: “Dal primo giugno cambierà tutto e, almeno una di queste non rimarrà tale”. E’ possibile che si riferisca alla Liguria dove la situazione politica dentro il centro sinistra potrebbe degenerare fino a una clamorosa sconfitta. La trasformazione della destra italiana è in pieno svolgimento e le spinte di Salvini obbligheranno anche Forza Italia, dopo una annunciata sconfitta, a ridefinire valori e parole d’ordine. Sbaglia chi pensa che le sinistre non ne saranno influenzate e, una buona dose di realismo alla Chaouki o alla Francesca Danese, assessore di Roma, posta sotto scorta perché affronta con decisione bubboni come la crisi abitativa e l’immigrazione, sarebbe bene si espandesse di più, non solo nel Pd.

 

 

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