In queste ore il Governo sta definendo i pesanti provvedimenti che dovrebbero, secondo le intenzioni, colpire tutti gli strati della popolazione in modo equo. In particolare si parla della reintroduzione dell’ICI per la prima casa, che come si sa non è un bene di lusso, ma per la gran parte delle famiglie italiane rappresenta quel minimo di sicurezza sociale, acquisito con anni di duri sacrifici. Appunto, tanti sacrifici che hanno il diritto di essere rispettati, quindi, di essere accompagnati con il superamento di odiosi privilegi che riguardano certamente il ceto politico, le cariche amministrative e istituzionali, le nomine in ambito finanziario ed economico, fino ad arrivare agli stipendi e le pensioni d’oro. Ma l’equità in questo Paese riguarda anche la Cei, proprietaria di un immenso patrimonio immobiliare, che come hanno dimostrato diverse inchieste giornalistiche, in parte è camuffato da risorsa utilizzata per il culto, in verità fa concorrenza scorretta nel settore turistico, in particolare alberghiero e della ristorazione. Questo patrimonio è esente dalla tassazione che colpisce tutti i cittadini, cui si somma, grazie agli accordi concordatari, una detassazione di tutti i beni e i servizi appartenenti al Vaticano in suolo italiano. Sarebbe stato importante se la Cei avesse fatto un gesto di disponibilità, in sintonia con gli appelli rivolti dai vescovi italiani rispetto alla necessità di misure eque e commisurate ai redditi e ai beni dei cittadini, di pagare il dovuto allo Stato. Invece ciò non è avvenuto. Equality Italia si appella al presidente del Consiglio affinché la parola “equità” non rimanga solamente una buona intenzione che si ferma davanti a posizioni di privilegio non più sopportabili, soprattutto quando a goderne, sono enti che a parole predicano la sobrietà e la giustizia, e poi invece sottraggono centinaia di milioni all’Erario.

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