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La sinistra italiana ha sempre un rapporto ambivalente con la storia del partito democratico americano, per decenni, vista la divisione fra i blocchi, i socialdemocratici e repubblicani guardavano con interesse ciò che si muoveva oltre Oceano, mentre PCI e PSI, solo da dopo la metà degli anni ’70 hanno cominciato a ragionare sulla sponda progressista americana, che dentro di se aveva, come oggi, anime molto differenti fra loro. Con l’elezione di JFK si aprì una finestra d’interesse, anche nel popolo della sinistra, perché quel presidente, utilizzava parole nuove, che come in una felice congiunzione, trovava sponda in Europa con molti leader socialisti e socialdemocratici e con papa Giovanni XXIII. Dalla crisi della Baia dei Porci al New Deal, dall’attenzione rispetto alle contraddizioni sociali all’impegno sui diritti civili, in particolare sul riscatto dei neri americani JFK, dava voce a un’altra America, che da imperialista tentava di mutare in guida non arrogante di un nuovo futuro del mondo. Con il suo assassinio, il successivo precipitare della questione vietnamita, l’affacciarsi dei movimenti di liberazione sessuale, la corsa agli armamenti e l’ampliarsi dei conflitti regionali, la sinistra italiana si rinchiuse nei suoi confini classici. Non mancarono occasioni d’incontro, di dialogo, ma la tardiva presa di posizione di Berlinguer sull’ombrello Nato e, quell’ancora più scioccante per i militanti, sull’esaurimento della spinta propulsiva del socialismo realizzato arrivò fuori tempo massimo. (altro…)

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