di Aurelio Mancuso,  Settimanale gli Altri venerdì 14 ottobre 2011

I cattolici si riuniscono il 17 ottobre per spingere in avanti l’esortazione martellante che proviene dalle gerarchie cattoliche: far scendere in campo una nuova classe politica cattolica in grado di far superare la crisi economica e morale del Paese. Chi sono queste cattoliche e cattolici cui è stato affidato l’arduo compito? In sostanza si tratta delle cosiddette truppe scelte facenti parte della variegata e inquieta galassia dell’associazionismo cattolico, da quelle storiche impegnate nel sociale, nelle parrocchie, nell’ambito patronale, a quelle specificatamente concentrate nell’evangelizzazione e nella cura di aspetti specifici della fede, dal mondo Mariano a quello catecumenale.

Specificità, percorsi, inclinazioni culturali assai differenti tra loro, che nemmeno la normalizzazione e l’omogeinizzazione imposta ai tempi di Ruini, è riuscita a rendere totalmente fedele ai desiderata della Curia. Perché si riuniscono queste genti? Ufficialmente si tratta di un incontro organizzato dalla associazioni cattoliche che si occupano di lavoro e impresa, ma la partecipazione sarà ampliata a tutte le associazioni operanti in Italia. L’obiettivo dichiarato del convegno di Todi è indagare quali strade percorrere per rinnovare l’impegno cattolico in politica, la sostanza è che con la lunga agonia del berlosconismo, la gerarchia vuole subito riposizionare nel campo di battaglia nuove legioni cui affidare il compito di far dimenticare la sua evidente compromissione rispetto a quello che è accaduto, e riportarla al centro delle future alleanze governative. Niente partito dei cattolici, ma cattolici in tutti i partiti che contano e potrebbero governare. Ma queste cattoliche e cattolici chiamati a riorganizzare il campo, chi sono? Sopratutto che contributo potranno dare alla fuoriuscita dalla crisi? Con tutto il rispetto che si deve a un impegno indubbiamente importante per la tenuta sociale, l’associazionismo cattolico italiano appare conformista, scarsamente autonomo, tutto teso a conservare posizioni di rendita, finanziamenti, privilegi. L’elite cattolica dl bel paese, anche a causa delle politiche messe in atto dalla CEI, è diventata una casta, chiusa e gelosa. Nessuna volontà di dialogo con il mondo esterno, nessuna capacitá di leggere l’organizzazione sociale per quello che è davvero. Sicuramente le classi dirigenti delle grandi centrali economiche e sociali cattoliche riusciranno nel loro intento di condizionare destra e sinistra rispetto alle politiche future, ciò di cui bisogna essere consapevoli è che sarà ancora una volta un condizionamento arretrativo, volto a instillare prudenza e immobilismo nei confronti delle aspirazioni di libertà e di concreta riforma. Questi cattolici (troppo pochi, ininfluenti e scarsamente coraggiosi quelli che invece contestano questo moderno clericalismo), che votino destra, centro, sinistra sono indistintamente uguali nel portare avanti il primato delle posizioni vaticane rispetto all’autonomia dello Stato laico. Insomma, non facciamoci impressionare dalle analisi acquiescenti dei grandi notisti dei mass media nostrani. L’Italia drammaticamente è ancora ostaggio di correnti di pensiero che al di fuori dei nostri confini, sono fortemente contestate e contrastate dagli stessi cattolici. Certo qualcuno potrebbe avere uno scatto d’orgoglio, ritrovare la perduta strada conciliare, del cattolicesimo democratico, ma come fidarsi? Potrebbe persino essere funzionale per far emergere un pluralismo che nelle azioni concrete non c’è e di cui tra le ristette cerchie nessuno sente il bisogno.


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