di Aurelio Mancuso

Quando si pensa di stupire con benedetti scoop provenienti dai sacri palazzi vaticani, che raccontano d’intrighi, invidie, detronizzazioni, è chiaro che si è immersi nel gioco antico di fornire allo Stato più anacronistico del mondo, una valenza positiva. Premesso che prestarsi a far da passacarte dei vari “corvi” della Curia non è giornalismo ma pettegolismo, presentare come eccezionali rivelazioni che riguardano le pugnalate curiali, è un’operazione di rimozione storica buffa e che favorisce l’ignoranza e la goffa reverenzialità nei confronti di un’istituzione cupa, reazionaria, medioevale. Solo Dio sa quanto rimane da vivere al papa, sicuramente il suo pontificato è infecondo per tre ragioni essenziali. I suoi sforzi contro la modernità risultano disperati e indigesti a una parte consistente, e silente, della cattolicità occidentale.continua a leggere Debole teologo, incapace governante, disastroso diplomatico, Ratzinger è prigioniero della Curia, che non gli riconosce autorevolezza, e men che meno vuol perdere potere a favore dei suoi più stretti collaboratori. Il papa tedesco è troppo tradizionalista per riformare la chiesa cattolica e troppo mondano per sostenere il rigore cristiano. Il destino di Ratzinger somiglia a quello di tanti papi, che in diverse epoche hanno contribuito a infettare il messaggio cristiano con il potere temporale. Tutto questo stupore per gli intrighi vaticani, trattati con disarmante superficialità dalla stampa italiana, è infantile e in  linea con il clima culturale instaurato grazie al berlusconismo e all’antiberlusconismo. Tornando al Vaticano, l’unico commento degno di nota, è di una persona seria, Alberto Melloni, che sul Corriere ha spiegato in cosa consiste la crisi della chiesa cattolica italiana. Lo storico cattolico, scrive con chiarezza tre cose fondamentali: la collegialità sinodale non è mai stata portata a compimento, la gerarchia cattolica italiana è troppo impegnata a giocare sullo scacchiere politico e sempre sul lato destro, il Concilio Vaticano II è stato umiliato, degradato a un “concilietto disciplinare”. Altro che pettegolezzi e complotti! Qui sta il nocciolo della questione, e Melloni si fa scappare, in conclusione una frase emblematica “in questo inverno desolante, solo la collegialità potrà essere la primavera”. Tradotto tutta la baracca non regge più. Se un fiero conservatore come Melloni scrive questo, perché i giornali della sinistra non sono all’attacco? Non parlano dell’assurdità dell’istituzione vaticana? Dei danni che quest’anomalia storica ha prodotto sulla società italiana? Forse perché il Vaticano è rassicurante, un soggetto politico riconosciuto con cui fare i conti e anche accordi.  Alla sinistra intellettuale e politica le processioni e le vesti dorate piacciono, perché gli insegnamenti del Vangelo si possono ignorare, la superstizione no. Quello che va sotto il titolo di “sentimento religioso” è il collante cui si appiccicano tutte le conventicole di ogni orientamento politico, perché se dopo la caduta del Muro, venissero meno anche le mura Leonine, sarebbe davvero un disastro per gli intellettuali di sinistra del belpaese. Se nel resto dell’Occidente l’improbabile, per ora, ipotesi di un crollo dei vertici vaticani (la Chiesa cattolica sarebbe in grado di trasformarsi e rinnovarsi) avrebbe un impatto tenue, per l’Italia invece sarebbe una salutare tragedia, seguita da un tempo di immane conversione spirituale e pulizia dentro e fuori le strutture cattoliche, che travolgerebbe buona parte delle classi politiche italiane. Certo si tratta di pura fantapolitica, però l’annotazione è doverosa: il cattolicesimo non ha bisogno del Vaticano, anzi senza di esso il cammino ecumenico subirebbe una straordinaria accelerazione, il papa finalmente spogliato dai blasfemi paramenti del capo di Stato, e ritornato a esser “primus inter pares”, nella sua bella San Giovanni in Laterano, potrebbe senza Curia, nunzi apostolici, nobiltà nera, guardie svizzere, contribuire alla diffusione dei valori cristiani.

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