Con grande vigore è ripartita la campagna per la costituzione di Registri delle Unioni Civili in importanti Comuni Italiani. Questo vento ogni tanto riprende vigore e ora che in alcune città ha vinto il centro sinistra, o si spera vincerà nel 2013, movimenti, associazioni e partiti, prendono coraggio e sperano, di portare a casa il risultato. In particolare dopo l’approvazione di Napoli, ora è iniziato l’iter, in maniera un po’ confusa e conflittuale tra i partiti, a Milano, a Roma i Radicali con una lunga lista di associazioni lgbt e partiti, raccolgono le firme per portare la questione in Consiglio Comunale. Onore al merito! Però non si può nascondere una sensazione di confusione  e di scarsità di riflessione e coordinamento nazionale. In primo luogo i Registri, o meglio la formula che si è scelta ora dell’attestato anagrafico (modello Bologna, Padova, Torino) spinto da una discussione consiliare, quindi, non deciso autonomamente dal Sindaco e dalla Giunta, sono un atto simbolico importante, che ha in se una valenza positiva e una negativa.continua a leggere Quella positiva sta nel fatto che la spinta politica di enti locali che sostengono una legge nazionale aprendo come avanguardie i propri registri anagrafici, è molto importante e costringe, anche in un momento di profonda crisi economica, la politica nazionale farci i conti. Quella negativa risiede nell’oggettiva constatazione che poche sono le coppie che s’iscrivono, pochissime quelle eterosessuali, quindi, questi numeri sono usati dalla destra a conforto della tesi che le coppie gay sono poche e quelle eterosessuali interessate a un riconoscimento ancor meno. Il movimento lgbt giustamente negli ultimi anni ritiene, pur non abbandonando la richiesta di una pluralità d’istituti, centrale la battaglia per il riconoscimento pieno dei diritti e dei doveri per le coppie gay, chiedendo con forza il matrimonio. Non sfugge a nessuno che l’adesione anche convinta d’istituzione dei Registri delle Unioni Civili, da parte dei partiti della sinistra e del centro sinistra in sede locale, è coerente con la mediazione che già si pensa di proporre al probabile tavolo della futura alleanza per le politiche del 2013. Se invece del Registro si fosse avanzata la richiesta di pronunciamenti da parte dei Consigli Comunali dell’estensione del matrimonio, difficilmente si sarebbe riusciti ad ottenere delle maggioranze favorevoli.

Le coppie di fatto etero

Allora è evidente che permane un’ambiguità di azione, che va chiarita, soprattutto alla luce delle necessarie distinzioni rispetto alle richieste dei gay e di quelle degli etero. E’ un fatto che le coppie conviventi etero non hanno mai dato vita ad associazioni per il riconoscimento delle loro unioni nate al di fuori del matrimonio. Negli ultimi anni sono invece nati gruppi che premono per i diritti dei padri separati, oppure per il cambiamento della legge sul divorzio, il cosiddetto matrimonio breve. In generale le coppie eterosessuali non sposate rifiutano di utilizzare l’istituto matrimoniale, molte sono frutto di matrimoni falliti e “ricostituiscono” un nucleo familiare traumatizzato dalle precedenti esperienze, quindi, non interessato a ripercorrere quella strada. In questo quadro bisognerebbe saper distinguere, perché sono assai differenti, le richieste delle coppie etero da quelle gay. Come si è convenuto negli anni passati una serie di semplici strumenti potrebbe rendere più europeo e moderno l’istituto del divorzio, riducendo i tempi della separazione e dell’accesso al divorzio. Andrebbero, poi,  introdotte norme di tutela minima per le coppie non sposate conviventi, che solo il furore ideologico non ha ancora permesso di approvare, senza nemmeno la necessità di una legge apposita, operando sulla legislazione odierna, tanto più che diversi tribunali su queste materie sono già intervenuti (assistenza, non testimonianza, subentro nel contratto d’affitto, ecc.).  Insomma, pur essendo politicamente corretti nel richiedere leggi intermedie tra la non tutela e il matrimonio (cui dovrebbero comunque accedere anche le coppie gay), nell’attuale fase l’alleanza con l’opinione pubblica interessata a una diversa organizzazione dei rapporti sentimentali, passa solo attraverso il sostegno soprattutto del divorzio breve e l’introduzione di normative di tutela delle coppie di fatto.

Il matrimonio gay

Le coppie gay hanno un atteggiamento opposto rispetto alle coppie etero non sposate, per loro sono essenziali un riconoscimento giuridico, la parità di diritti e di doveri, che è anche una fuoriuscita dalla clandestinità, quindi assai di più che una conferma burocratica. Le famiglie gay, vogliono il matrimonio (molte per ora si accontenterebbero anche d’istituti equipollenti o di strumenti simili ai Pacs) perché il tema di fondo sono le tutele per i giorni difficili, ma pure la possibilità di stabilizzare il rapporto squisitamente familiare (diritti di impresa, reversibilità, ecc.). Esiste una differenza profonda, antropologica, tra famiglie etero sposate o no e quelle omosessuali, che consiste per le seconde nel non aver sperimentato, se non come figlie e figli, la strutturazione matrimoniale eterosessuale, che come si sa è mutata nei millenni, e negli ultimi secoli è stata stravolta, passando dalla famiglia allargata di stampo contadino, alla famiglia genitoriale, fino a quella che conosciamo oggi.  Negli ultimi 50 anni si sono riconosciuti la parità formale tra i coniugi, la tutela stretta dei minori, la risoluzione del contratto. Le coppie gay rappresentano il compimento coerente di un ciclo di totale trasformazione delle famiglie, per questo in Italia sono così osteggiate. Il tema poi della genitorialità, che ha aperto anche riflessioni profonde anche all’interno del movimento lgbt, pone alla società eterosessuale una contraddizione storica. Infatti, i pregiudizi sulla supposta minorità, negativa diversità, sessualità disordinata diventano incerti nel momento in cui migliaia di bambini hanno almeno un genitore omosessuale, e ancor più profondamente se vive in una famiglia completamente lesbica o gay. L’aver abusato del modello matrimonio uguale figli, e di omosessualità uguale sterilità, rapporti contro natura (soprattutto perché dispersivi del seme, quindi infecondi), di cui tra l’altro si sente lontana la maggioranza degli italiani, oggi si sfrange davanti alla realtà della diffusa genitorialità omosessuale. Per tutte queste ragioni, e non solo per evidenti principi di uguaglianza, che il matrimonio gay è la vera richiesta su cui continuare a insistere. Sarà la politica ad assumersi la responsabilità di respingere questa richiesta, o di preferire istituti intermedi e non soddisfacenti dei diritti umani cui giustamente il movimento si riferisce. E’ vero che la strada scelta in molti Stati è stata quella di andare per gradi, ma è anche vero che il nostro Paese dopo aver perso il treno delle unioni civili e istituti equipollenti, ora rischia di perdere quello dei matrimoni gay, che proprio ora sta attraversando l’intero occidente.

Registro e matrimoni

Non vi è, quindi, alcun dubbio che la battaglia per i Registri sia, come attualmente portata avanti, un po’ confusa e di retroguardia. Ed è bene ribadire che la scarsa adesione da parte di coppie ai registri comunali è la prova più lampante che stiamo parlando di strumenti simbolici, che quando seriamente attuati modificano anche i regolamenti comunali, tra cui l’accesso ai servizi, alle graduatorie per le case popolari, mutui, aiuti economici per le famiglie in difficoltà. Intendiamoci, si tratta per la vita concreta delle persone, di strumenti utili, che però appunto sono utilizzati da pochi. Dal punto di vista politico sarebbe assai più importante chiedere un’intera revisione delle politiche sociali del Comune, passando attraverso a una reale conoscenza della composizione familiare dei suoi cittadini, di una nuova riorganizzazione di tutti i servizi affinché siano davvero efficaci. In questo quadro allora, anche, e non solo, le coppie conviventi non sposate etero e omosessuali, devono rientrare a pieno diritto. Per tutto il resto, lo sappiamo serve una legge nazionale.

Alcune idee

Se tutto questo è vero, allora bisognerebbe saper tenere insieme matrimonio gay e registri comunali, con una tecnica politica comunicativa simile al sempre efficace slogan della Lega Ambiente, “pensare globalmente, agire localmente”. Il mutamento insomma arriva concretamente dal basso, allo stesso modo l’obiettivo nazionale non può esser confuso. Intanto, partendo dalla pur non sufficiente sentenza della Corte Costituzionale, bisognerebbe dimostrare che i tempi per una legge sul matrimonio gay sono maturi, e tentare, quindi, in alcuni Consigli comunali pilota di proporre ordini del giorno di spinta nei confronti del Parlamento, abbandonando progressivamente la semplice richiesta d’istituzione dei Registri. A questo si dovrebbe accompagnare, tramite anche una forte campagna nei confronti dell’Anci e dell’Unione delle Province e la Conferenza delle Regioni, per il riconoscimento diffuso dell’attestato anagrafico e la conseguente modifica di tutti i regolamenti degli Enti. Il lavoro più faticoso e paziente risiede nella capacità di aprire nei singoli Comuni, almeno quelli grandi e medi, di costruzione di servizi e sportelli rivolti alla comunità lgbt, incardinati possibilmente in una logica multidisciplinare e inter assessorile. Tutto questo dovrebbe esser accompagnato da una permanente, chiara, empatica, campagna sull’uguaglianza dei diritti e dei doveri e dell’estensione del matrimonio alle coppie gay. Non un matrimonio uguale a quello esistente, ma un matrimonio più moderno, più adeguato ai tempi, più informati nel contrarlo e nel scioglierlo.

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