Il ct della nazionale scrive la prefazione di un libro di Alessandro Cecchi Paone sulle storie di omosessualità nel calcio e nello sport: «Basta con l’omofobia ».E l’unico modo per sconfiggerla è «fare coming out».

GIANNI PAVESE

Un’uscita importante. Parole nuove, o forse parole vecchie, sagge, ma nuovo è il mondo che cercano di destare, quello dello sport. «Nel mondo del calcio e dello sport resiste ancora il tabù nei confronti dell’omosessualità, mentre ognuno deve vivere liberamente se stesso, i propri desideri e i propri sentimenti». continua a leggere Lo scrive Cesare Prandelli, commissario tecnico della Nazionale, nella prefazione del nuovo libro di Alessandro Cecchi Paone e Flavio Pagano «Il campione innamorato. Giochi proibiti dello sport», in uscita domani, in cui si raccontano decine di vicende olimpioniche, europee e italiane, per lo più sconosciute o artatamente distorte, di campioni e campionesse che hanno vissuto bene o male il loro essere omo e bisessuali, ermafroditi o transessuali, anche a causa di doping forzato. L’allenatore affronta senza imbarazzi un tema che rappresenta tuttora un tabù nel mondo del calcio. Justin Fashanu – primo calciatore gay dichiarato – pagò un prezzo salato alla sua ammissione: ostracizzato dal suo allenatore, il mitico Brian Clough, che lo apostrofò come un «fottuto finocchio», rinnegato dal fratello John, centravanti di una certa notorietà anche in Italia perché paladino della Gialappa’s band finì  ai margini del calcio inglese, depresso, si uccise nel 1998, quando su lui pendeva perfino un’accusa di sodomia – ancora in vigore nel Maryland. Quanto sia difficile «dichiararsi» nel calcio lo dimostra anche l’intervento dello scorso novembre del presidente dell’Associazione calciatori, Damiano Tommasi, che disse: «Meglio non fare coming out. Nel calcio basta poco per diventare un personaggio, pensi di fare una cosa positiva e invece ti si ritorce contro, diventa “solo” una domanda giornalistica». Più che un’istigazione a mentire, un atto di accusa d’ipocrisia al suo mondo. Il ct la pensa in modo opposto: «Anche l’omofobia è razzismo. Dobbiamo tutti impegnarci per una cultura dello sport che rispetti l’individuo in ogni manifestazione della sua verità e della sua libertà – prosegue Prandelli, che conclude con una frase a metà tra la previsione e l’esortazione -. Magari presto qualche calciatore farà coming out. Incontrando una persona nuova, non mi sono mai accorto se fosse gialla, bianca, nera o rossa; se fosse vestita bene o se fosse eccentrica. L’ho sempre e solo guardata negli occhi cercando di capire chi fosse senza pregiudizi o preconcetti. Questo mi ha aiutato molto nella mia carriera di sportivo e nella mia crescita di uomo», ha affermato ancora il ct della nazionale di calcio in una intervista a «Chi» in edicola. «E se l’omofobia è razzismo, credo che sia indispensabile fare un passo ulteriore, affinché tutti gli aspetti  legati all’autodeterminazione dell’individuo vengano maggiormente tutelati. Credo che la vera libertà possa essere raggiunta definitivamente solo se si vuole; non dipende da vittorie esterne, ma interne, e la sessualità fa parte dei nostri comportamenti, fa parte della libertà di cui godiamo in questo mondo. La sessualità è qualcosa che siamo noi stessi». L’allenatore degli azzurri ha parlato anche del binomio sport-amore. «La vera grande vittoria nella vita si ha nel momento in cui si è consapevoli di chi siamo fino in fondo e riusciamo ad amarci e ad amare proprio per quello che siamo. Questa è la partita più importante da giocare e che permetta di vincere su tutti i campi del mondo». Se questo sarà stato un sasso nello stagno o solo una pietra lanciata nel buio, lo scopriremo solo aspettando che qualcuno squarci il velo. La totale assenza di omosessualità nel calcio è irragionevole statisticamente e sociologicamente. Così come è salva la volontà di dichiarare o meno i propri orientamenti sessuali. Intanto, Prandelli si prende un premio, questa sera, in occasione della Cerimonia di chiusura del 27 Torino GLBT (gay e lesbian) Film festival, e trova ringraziamenti dalle associazioni: «Le parole del C.t. sono un vero aiuto morale ai troppi calciatori e in generale sportivi italiani omosessuali, che si nascondono per paura di esser oggetto di discriminazioni subdole e plateali da parte delle società e anche delle tifoserie», dice Aurelio Mancuso, presidente di Equality Italia. «Parole che fanno onore alla Nazione e alla Nazionale », afferma in una nota la deputata di Fli, Flavia Perina, che ricorda l’iniziativa contro l’omofobia portata avanti in modo ufficiale 3 anni fa dalla Federcalcio tedesca.

l’Unità 25 aprile 2012

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