LOGO-GARANTISTA-450Di Aurelio Mancuso

So di aprire un conflitto di cui molte e molti non vorrebbero aver il peso di confrontarsi, ma credo che sia utile fare un po’ di chiarezza rispetto ad alcune posizioni politiche e sociali che sembrano essere predominanti nella comunità lgbt italiana, quasi vi fosse un’unanimità di programmi culturali condivisi, mentre questa rappresentazione è solamente una pigra trasposizione dei media di tradizioni politiche del nord Europa e di oltre oceano. Su quattro questioni, per chi è interessat* voglio dire la mia, per evidenziare convinzioni che altrimenti continuano a esser consegnate a discorsi informali e ambigui.

Sul matrimonio egualitario civile penso che sia una legittima richiesta, che non contraddice approfondimenti giuridici articolati che sostengono una pluralità d’istituti più leggeri cui poter accedere. Gli omosessuali in Italia non possono scegliere, non per questo dobbiamo esser tutte e tutti concordi che l’unica opzione sia il matrimonio egualitario. Questa visione oltre che essere anti libertaria, consegna il pensiero lesbico e omosessuale a un’omogeneizzazione estranea alla sua storia, che invece è ricca di differenti punti di vista: dal severo anti matrimonialismo all’esclusivismo della coppia fedele e sposata. I mutamenti nella società riguardano omosessuali ed eterosessuali, che indipendentemente dalle soluzioni giuridiche a loro disposizione, organizzano la loro vita sentimentale e amorosa in forme diverse e de strutturanti rispetto all’archetipo matrimonio-libera convivenza. Dal punto di vista politico la rivendicazione matrimoniale ha una sua forza specifica, rende immediatamente comprensibile la richiesta di pari diritti e pari doveri, per questo la sostengo convintamente e ne promuovo il suo raggiungimento, allo stesso tempo non ritengo altre soluzioni intermedie o meno impegnative un tradimento o un ghetto da cui rifuggire. Il nostro diritto deve esser, appunto, quello di poter scegliere, tra matrimonio, altri istituti, libera convivenza. La soluzione di cui si discute in questo periodo in Italia, ovvero una proposta di legge sul modello delle unioni civili tedesche, comprese le stepchild adoption, è un buon punto di partenza, semmai l’unico problema rimane legato al fatto che possa ancora una volta, esser una promessa non realizzata. Vi è poi chi, coerentemente con le idee che sopra ho esposto, ritiene indispensabile che il testo Cirinnà mantenga entrambi i capitoli: il primo prevede un istituto riservato solo alle coppie gay simil matrimonio, il secondo norma le convivenze etero e omosessuali che vogliono regolare i propri rapporti fuori dai vincoli, ritenuti troppo stringenti, del matrimonio civile etero o delle unioni civili gay. E’ sicuramente auspicabile che ciò avvenga e, si deve far di tutto per mantenere l’impianto generale della proposta, però nel caso che, per alchimie politiche e mediazioni parlamentari, si decida di stralciare il capitolo due, ritengo indispensabile che il primo prosegua il suo cammino, il più celermente possibile, perché oggi sono le coppie omosessuali a esser discriminate, non quelle eterosessuali. Se dovesse presentarsi questa scelta politica, sarebbe comunque auspicabile che attraverso interventi al codice civile, si possano rimuovere le oggettive discriminazioni cui sono sottoposte le convivenze.

Sulle adozioni di bambini esterni alla coppia, continuo a pensare che il dibattito sia molto ideologico e cada nella trappola del diritto dei gay di poter adottare una bambina o un bambino. Il diritto preminente, per quanto mi riguarda, è quello del minore di poter contare su figure genitoriali dedicate, indipendentemente dal loro orientamento sessuale. Il numero di bambini e bambine adottabili presenti nelle strutture protette (che in media hanno un’età pre adolescenziale) continua a essere elevato, nonostante una forte richiesta da parte delle famiglie che oggi possono accedere a questo istituto, le coppie eterosessuali. Dal punto di vista della capacità genitoriale delle persone omosessuali, è sufficiente richiamare la vastissima letteratura scientifica sulla materia e l’osservazione empirica di ciò che da decenni avviene anche in Italia. L’unica obiezione su cui ci deve concentrare, sollevata da organizzazioni cattoliche e anche da politici e intellettuali di tutti gli schieramenti, è quella che le persone omosessuali siano inadeguate in quanto tali, poiché minorate, se non malate e deviate. E’ un errore sottovalutare quest’argomento, che ha presa anche tra pezzi di opinione pubblica progressista, così come dimostrano le percentuali negative di consenso di tutte le ricerche e sondaggi. Su questo punto bisognerà lavorare molto, innanzitutto abbandonando presto la rivendicazione di un diritto e optando correttamente per una disponibilità sociale a contribuire a superare una delle vergogne purtroppo ancora presenti nella contemporaneità, gli e le orfan*. La collettività lgbt italiana dovrebbe battersi affinché nel nostro Paese si apra una pubblica e approfondita discussione sulla legge delle adozioni, sulla comparazione di ciò che avviene all’estero, sulla necessità di svuotare il più possibile le strutture protette di bambini abbandonati. L’adozione è un impegno che si assume con i minori e con tutta la società, non un diritto astratto a volte sollecitato da sentimenti positivi, ma che deve fare i conti con la realtà e le molteplici avversità. Essere genitori responsabili, è una qualità che si acquisisce, anche quando i figli sono propri, ancor di più quando si è alla presenza di minori che solitamente hanno alle spalle storie difficili, abbandoni dolorosi, non raramente abusi e violenze.

Sulla surroga è aperto in tutto il mondo, un dibattito che attraversa gli schieramenti politici e anche il movimento lgbt. L’accesso alle tecniche di fecondazione assistita ha permesso a migliaia di coppie di rendere effettiva la loro aspirazione genitoriale e, nel nostro Paese con l’abbattimento da parte della Corte Costituzionale della cattiva legge 40, si è finalmente concluso un oscurantista capitolo della legislazione nazionale. Rimane il divieto per le coppie dello stesso sesso, in questo caso di lesbiche essendo esclusa comunque la surroga, di accedere all’eterologa. Molte coppie gay e lesbiche italiane, così com’è ben comprensibile dal protagonismo pubblico, si rivolgono, quindi, all’estero per accedere o all’eterologa o alla surroga. Questa necessità è condivisa anche da quelle coppie eterosessuali cui non è possibile per varie ragioni di salute della donna avvalersi delle tecniche mediche elencate nella normativa italiana. Sulla surroga è inutile negarlo le opinioni sono diverse anche dentro la collettività lgbt, e il tema riguarda essenzialmente la reale libertà della donna che decide di prestare il proprio corpo per una gestazione d’appoggio. Conosco decine di coppie gay italiane che sono ricorse alla surroga e generalmente aiutate dall’associazione Famiglie Arcobaleno, si sono orientate a utilizzare questo metodo in paesi occidentali che garantiscono norme e protocolli stringenti. Non si può però evitare di dire che in troppi paesi poveri i controlli sono in pratica inesistenti, le donne che si prestano alla gestazione sono economicamente e socialmente svantaggiate, subiscono pressioni delle famiglie che le costringono a fronte di compensi, a sottoporsi a varie maternità surrogate. In generale, anche se ci atteniamo a valutare solamente la surroga come tecnica che si svolge con garanzie sanitarie e assicurative, i dubbi sull’utilizzo di questa soluzione permangono. Sarebbe saggio, da parte di tutti non chiudersi nel comprensibile recinto di una paternità conquistata e giustamente vissuta con serenità e appagamento e dall’altra pronunciando severi moniti moralistici. Il dibattito è più profondo e attiene alla concezione stessa di genitorialità, se le donne che permettono la nascita dei figli di coppie di uomini omosessuali siano davvero pari a loro, se non vi sia insita una prevaricazione maschile sulla soggettività e il corpo femminile. I bambini delle coppie gay sono bellissimi, felici e inseriti nel contesto sociale allo stesso modo di quelli delle coppie lesbiche o eterosessuali, il punto politico e di pensiero non è questo. Ho letto molto sia pro e sia contro la surroga, mi rimane l’idea, che al netto della libertà individuale e di coppia di voler accedere a questa pratica, che la genitorialità non è un diritto, ma appunto un mettersi al servizio di un progetto educativo e di crescita dei bambini e delle bambine. Sono fortemente convinto, come scritto nel capitolo dedicato, che è auspicabile estendere l’adozione alle coppie omosessuali, non così per l’introduzione di norme per la surroga per coppie gay ed eterosessuali. Non propongo una visione definitiva, m’interrogo e spero che questi dubbi siano propedeutici per un confronto fuori dalle partigianerie, anche se comprendo che il coinvolgimento emotivo, non può esser del tutto evitato.

Sull’omofobia nel nostro paese si scade spesso in derive negazioniste o vittimistiche. La legge che è stata approvata alla Camera e che ora giace inerte in Commissione giustizia del Senato, è figlia di un pasticciato compromesso tra queste due visioni. La violenza e le discriminazioni nei  confronti delle persone lgbt sono un fatto, negarlo significa esserne complici, così come evidenziare solo il tratto negativo ci emargina a ruolo d’inermi spettatori, mentre l’aumento delle denunce è una conquista della collettività gay. Dopo millenni di soprusi subiti in silenzio soprattutto i giovani e le ragazze, hanno preso coraggio, denunciano i loro aguzzini e, questo è dovuto all’essenziale lavoro culturale portato avanti negli ultimi decenni dal movimento omosessuale. La legge così come si presenta è bene non sia approvata, perché nel tentativo di tutelare le persone omosessuali e trans nei fatti depotenzia tutto l’impianto originario della normativa, introducendo specifiche odiose. Più in generale il dibattito che ha accompagnato e continua a sollecitare un provvedimento, concretamente giusto, non centra il problema sostanziale: sono necessarie norme che innanzitutto prevengano e, quando è il caso, condannino penalmente violenze e discriminazioni rivolte a persone che in ragione del genere, dell’appartenenza a minoranze culturali e di provenienza, del loro colore della pelle, del loro orientamento sessuale e identità di genere. Non si tratta, quindi, di una questione che riguarda i gay, ma che richiama l’Europa (articolo 21 del Trattato di Lisbona) e l’Italia (articolo 3 della Costituzione) a vigilare e proteggere tutte quelle identità che sono state perseguitate dal nazismo, dal fascismo, dal comunismo e che continuano a subire discriminazioni in tutto il mondo. E’ mancata questa narrazione nel sostenere una corretta richiesta di ampiamento delle tutele anche per le persone lgbt. Questo ha prodotto la sensazione di vaste aree di opinioni pubblica che si voglia introdurre delle norme speciali per gli omosessuali e dato fiato alle organizzazioni cattoliche reazionarie che danno vita a manifestazioni efficaci dal punto mediatico, cui si risponde scompostamente, cadendo nella trappola delle provocazioni. L’omofobia non è un fatto penale, non è un dramma su cui fondare esposizioni mediatiche, è un fenomeno culturale e sociale da contrastare in alleanza con altre istanze, concentrandosi sulla formazione e il sistema scolastico, non accontentandosi dell’eccezionalità della cronaca nera, né tantomeno di sparuti quanto non decisivi progetti informativi e campagne estemporanee.  Piuttosto che una brutta e contradditoria legge, meglio nessuna legge, perché il dibattito in Parlamento oltre che a essere offensivo spinge a un nostro pericoloso profondo isolamento culturale. A volte bisogna ammettere di aver sbagliato, sull’omofobia e la transfobia, gli errori sono stati molteplici a iniziare dal testo base da cui alla Camera si è partiti, un articolato confuso, ideologico, contraddittorio, perfetto per essere smontato e stravolto, quel che poi è accaduto. Su questo tema è bene ripartire da capo, mantenendo la richiesta di ampiamento della legge Mancino, accompagnando però questa rivendicazione alla constatazione che per limitare le discriminazioni, il terreno principe è l’ottenimento dei diritti, non quello delle pene.

Venerdì 7 novembre 2014

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