Vietare il presepe alimenta il razzismo
Il presepe non basta, ma nasconderlo è una cosa sbagliata – Il Garantista 7 dicembre 2014
Alcuni episodi di rinuncia di allestire addobbi natalizi si erano già registrati in scuole dell’infanzia ed elementari italiani, legati alla ragione di non urtare la sensibilità dei bambini e genitori di altre fedi. A Bergamo, il dirigente scolastico dell’istituto comprensivo De Amicis ha pensato bene, e non è il primo anno, che trovandosi a gestire una scuola con il 30 per cento di stranieri (in alcune classi sono oltre il 50%) che bisognasse sottrarre e non condividere e ampliare. La neutralizzazione delle identità e delle tradizioni è una forma di razzismo culturale che purtroppo in alcuni casi è stato anche sposato da diversi intellettuali di sinistra, in Italia, per non parlare della Francia e in altri Stati. La risposta indignata di molti genitori italiani è stata prontamente sfruttata dal leghista Matteo Salvini, che dei sentimenti religiosi cristiani non è un verace sostenitore, ma che ha fiutato l’aria di un’immedesimazione tra la sottrazione del festeggiamento natalizio e il suo slogan “prima di tutto gli italiani”. Così due negazioni del possibile incontro e conoscenza delle esperienze tra popoli e culture, s’incontrano e creano a conflitti che sono inesistenti. Son certo che alcun genitore (così com’è avvenuto in passato) musulmano, o ebreo, o agnostico abbia pressato il preside bergamasco affinché la sacra famiglia, il bue e l’asinello, la capanna impreziosita all’aurea cometa, fossero immagini evitate alla sensibilità dei propri figli. La supposta laicità di comodo, che come Ponzio Pilato, si lava le mani davanti al conflitto della scelta, alimenta il bieco razzismo fascio leghista, perché scende sul terreno di quale sia l’identità dominante: quella della maggioranza o quella delle minoranze. Gli italiani e le italiane, per tradizione, conformismo, credenza o superstizione da secoli festeggiano il loro Natale, addobbano alberi, imbandiscono tavole pantagrueliche, felici di sentirsi, a torto o ragione, almeno per una notte e persino un’intera giornata, più buoni e buone. Chi vive in questo Paese, per nascita, scelta, costrizione, non si può sottrarre almeno da oggi, fino al 6 gennaio a queste atmosfere e, perché mai dovrebbe farlo? Semmai il tema è l’incapacità tutta nostrana, di rallegrarsi per la Chanukkà ebraica o per l’Id Al-Adha musulmana, di far conoscere ai cattolici per nascita, fin dalla scuola, che la nostra storia è frutto di molte identità, le nostre pietanze, da Bolzano a Ragusa sono il risultato delle culture contadine greche, celtiche, etrusche, arabe, ebree e così via. Sprofondati nella malsana ignoranza, crogiolanti nel nostro inconsapevole meticciato, diamo retta a Salvini che inzozzando il francescano presepe, l’ostende sull’uscio della scuola pubblica, perché il senso del rispetto della cultura popolare si è disperso nel populismo. Lasciamo stare i pomposi pistolotti sul multiculturalismo, che come abbiamo visto si sfrangono contro i muri di retoriche pubbliche e dei troppi affari sulla pelle degli ultimi e, ritroviamo il buon senso che ci rammenta che a lasciar fare ai bambini e alle bambine, ogni giorno sarebbe festa, perché la vita, nel rispetto delle peculiarità, è gioia quando esplicita e non nasconde.
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