israel-palestineIl Garantista sabato 21 febbraio 2015

di Aurelio Mancuso
A cosa concretamente serve la mozione che molti gruppi e pezzi di partiti vogliono votare a tutti i costi per chiedere al governo italiano di avviare la procedura di riconoscimento dello Stato Palestinese? A immettere ulteriore tensione in un medio oriente di cui, colpevolmente, da anni ci siamo disinteressati. Come italiani ci dovremmo domandare perché, oltre a registrare il precipitare nell’estremismo il confronto tra israeliani e palestinesi, la nostra richiesta, collegata all’insipienza della diplomazia europea, sarebbe oggi utile. A breve Israele andrà al voto, a causa di una instabilità politica che dura da molto tempo e, che indica come la classe dirigente di quel paese, sia inadeguata ad affrontare il mutare impetuoso dello scenario internazionale in cui la strumentalizzazione dell’elemento identitario islamico è sfuggito di mano a tutti i paesi arabi, da quelli considerati dall’occidente “moderati”, che però finanziano movimenti di destabilizzazione politica e militare funzionali a mantenere posizioni di potere, a quelli dichiaratamente integralisti, ora preoccupati di aver sollecitato un’escalation di frammentazione ingestibile. Il tutto aggravato dal fallimento dell’illusoria “primavera araba” e dall’aver pensato che cacciati alcuni dittatori sanguinari si sarebbe potuto, da parte delle potenze occidentali, gestire meglio lo scacchiere mediorientale, salvo poi non mettere in campo un minimo di decente strategia.Quello che sta accadendo in Libia, e il dilagare dell’Isis, è frutto delle cellule tumorali innestate in decine di anni di utilizzazione del conflitto israelopalestinese per immondi interessi economici e di potenza militare. Per questo il “solenne” dibattito che si terrà in Parlamento sul riconoscimento dello Stato Palestinese, è una farsa che dovremmo risparmiarci. Ho molto rispetto di posizioni, radicalmente differenti dalle mie, come quelle espresse da Massimo D’Alema, che sostengono come l’atto in discussione semmai giunga in ritardo, ne ho molto meno per diversi dirigenti del Pd, che improvvisati esperti strateghi della regione medio orientale, inzuppano le loro posizioni con frasi del tipo: “ho molti amici ebrei”, suscitando la giusta indignazione di chi comprende quanto inconsapevolmente il pregiudizio antisemitico alberghi ancora nella sinistra italiana. Le colpe storiche dei governi israeliani sono del tutto evidenti e pubbliche, alimentano giudizi e atteggiamenti perentori, le gravissime responsabilità delle autorità palestinesi invece sono sempre ammantate dalle belle bandiere della rivoluzione internazionalista che mai ha abbandonato personalità, che invocano giustizia e pace a seconda delle convenienze. La doppia morale con cui l’unica, e sottolineo democrazia, vivente in quell’area, è trattata non ha scusanti. Si vuole, sulla scorta di risoluzioni dell’Ue, l’entità internazionale più drammaticamente latitante, non assumere finalmente una forte iniziativa politica per obbligare, le parti in causa a trovare finalmente una soluzione, ma agitare un riconoscimento fittizio di uno Stato che non esiste, anzi che non ha mai potuto nascere (se proprio un po’ di storia la vogliamo fare) per colpa del fallimento degli accordi di Oslo, di cui gran parte della responsabilità sta sulle spalle della classe dirigente palestinese. Tutto questo giustifica l’erezione dei muri, la diffusione delle colonie, la stretta sulla vita quotidiana nei Territori Occupati, no non ci sono scuse. Se però non vogliamo schierarci nel piangere solo i morti di una parte o dell’altra, evidenziare solo l’atavica paura in cui sono costretti a vivere gli israeliani e le condizioni di vita inumane dei palestinesi della Striscia, dobbiamo saper guardare in faccia la realtà per quella che è. La stabilizzazione di quell’area, la possibilità per le popolazioni di fede musulmana di esser governate da reali sistemi democratici, rispettosi dei diritti civili e sociali, di poter contare su una redistribuzione in termini economici e di welfare, passa anche dalle millenarie porte di Gerusalemme. Se non si comprende quanto sia stato funzionale per i dittatori arabi agitare lo spauracchio israeliano per compiere ai danni dei propri sudditi le peggiori nefandezze, allora ha ragione la sinistra pseudo pacifista che piange e manifesta per i soprusi a Gaza e rimane muta davanti alle migliaia di giovani oppositori scomparsi, agli stupri di massa sulle donne perpetrate dalle squadracce islamiche integraliste, le lapidazioni, le torture, fino alle impiccagioni o schiacciamenti che giornalmente avvengono per sopprimere le ragazze e gli omosessuali. A Nichi Vendola, così come a tanti compagni e tante compagne delle sinistre italiane, pongo il tema se la libertà sia un lusso “borghese” non esigibile a Gaza o a Teheran, o se la riflessione non possa prescindere dalla considerazione che la democrazia non è forzatamente esportabile, ma nemmeno elemento indifferente su cui misurare la portata dei conflitti. Alla fine, spero che la mozione che si voterà sia di buon senso, che perlomeno subordini il riconoscimento dello Stato di Palestina con il dovere di garantire la sicurezza e l’integrità di Israele, che imponga ai terroristi di Hamas di cancellare dal loro statuto l’obiettivo di distruggere lo stato ebraico, sopprimere ogni suo abitante e sostenitore, negare la Shoah. Ogni omissione sul tema, si prefigurerebbe come un grave atto di antisemitismo politico, devastante nel quadro del rigurgito anti ebraico che sta infettando tutta l’Europa. In ultimo la richiesta di due stati e due popoli, è una formulazione insufficiente, anzi colpevolmente ambigua. Se vogliamo che davvero la pace abbia una possibilità ci dobbiamo schierare per due stati e due democrazie, che è il vero modo di esser filopalestinesi.

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