Una pioggerellina fastidiosa e un cielo grigio immergevano Roma ancora un po’ assonnata, quando i primi d’ottobre del 2007 una strana delegazione varcava il portone di Palazzo Chigi per incontrare Romano Prodi, presidente del Consiglio. L’occasione era la convocazione della grande manifestazione unitaria della sinistra “Siamo tutti un programma” sostenuta da un appello promosso da Il Manifesto, Liberazione e 15 personalità della sinistra. Oggetto concreto dell’iniziativa era di spingere il governo a varare finalmente, dopo le misure di contenimento della spesa, la famosa seconda fase di azioni per la crescita e la promozione di diritti sociali e civili. Strana la storia, le fasi politiche si ripetono più o meno drammaticamente, e allora si volevano misure a sostegno del lavoro giovanile e femminile, contro il precariato, per i diritti civili, poco è cambiato, se non in peggio. continua a leggereIntorno al tavolo, insieme a Sircana, caffé e sigarette,  c’eravamo io, Piero Sansonetti, Gabriele Polo, e rappresentanti del sindacato. Alle otto in punto iniziò il confronto, da bravi rappresentanti di una manifestazione che si rivelerà poi grande, tale da riempire Piazza San Giovanni e vie limitrofe, esponemmo i punti della piattaforma soffermandoci naturalmente su ciò che mancava  e che doveva essere fatto. Il ricordo è ancora nitido di come Romano Prodi su ogni questione avesse pronta una risposta non solamente convincente, empatica. Nella pratica, proclamava la sua impotenza a essere più incisivo non per colpa di Tommaso Padoa Schioppa, l’adesso compianto ex ministro all’economia, rigidissimo sui conti, ma a causa di una maggioranza debole, rissosa, incapace di concentrarsi sulle questioni fondamentali. Gli errori di quell’esperienza interrotta drammaticamente nel 2008 sono conosciuti e analizzati, ma quello che ci colpì fu la lucidità profetica di Prodi che sapeva benissimo quale sarebbe stato il veloce epilogo del suo governo. I giudizi sulla dirigenza del centro sinistra puntuali e sferzanti, in particolare rispetto a Veltroni e D’Alema, raccontavano di un ragionato fastidio rispetto alle liturgie e imboscate di cui è malato il centro sinistra. Non c’è stata più occasione di parlare di questo strano e assai formativo incontro d’inizio autunno romano, da una parte per pudore non ne riferimmo nell’immediato e poi travolti dai fatti, così ben previsti da Prodi, ce ne dimenticammo. Poco tempo fa ho incontrato per caso il professore sull’Eurostar e abbiamo fatto il viaggio insieme da Bologna a Roma, parlando d’altro, soprattutto del governo Monti.  Quel viaggio mi ha fatto riaffiorare la Roma grigia di un mattino dove il presidente del Consiglio si preparava a fare, con mesi d’anticipo le valigie, e a differenza di tanti notisti politici, schiere di furbi politici che sanno sempre tutto, lui ne era concretamente consapevole, evocando persino i passaggi che lo avrebbero portato alle dimissioni. Tutto quello che ci disse in quell’occasione, si avverò, con chirurgica precisione. Lui, saggio democristiano di sinistra, conosceva bene i suoi compagni di viaggio, uniti su una zattera malconcia in mezzo a una tempesta, sapeva interpretare le ipocrite bontà di linguaggio dell’uno e le evidenti durezze dell’altro, in sintesi non si attendeva nulla di buono. Entrammo nelle stanze del potere intenzionati a far sentire la nostra voce, ne uscimmo frastornati: avevamo detto tutto ciò che c’era da rivendicare, ricevemmo risposte sincere e disarmanti. La manifestazione fu bellissima, tanto popolo, i leader dei partiti sotto il palco e al microfono si alternarono Pietro Ingrao, gli operai, i movimenti delle donne, delle persone lgbt dei giovani. Una prima volta, che purtroppo fu sprecata e velocemente dimenticata, così che poi la sinistra unita, riuscì divisa a scomparire dal Parlamento. Aver rispolverato l’episodio, ci rammenta che quella personalità, dopo la caduta del governo si ritirò dalla politica attiva, come avviene in tutte le democrazie occidentali, mentre tutti i suoi compagni di avventura sono ancora qui a spiegarci come sono indispensabili ai fini della prossima necessaria vittoria.

di Aurelio Mancuso venerdì 15 giugno 2012

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