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Famiglie gay: lo spot della Coca Cola che rende Letta e Barilla molto piccoli

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Scritto per Huffingtonpost.it  – Pubblicato: 03/02/2014 19:47

Come può un militante di lungo corso dei diritti civili in Italia commuoversi davanti a una pubblicità della Coca Cola? Visionando lo spot della marca più famosa al mondo trasmessa in occasione del Super Bowl, l’evento sportivo più importante degli Stati Uniti. Enrico Letta va alla cerimonia di apertura dei giochi olimpici di Sochi, a far da comparsa a un evento che glorificherà il regime liberticida, xenofobo e omofobo di Putin.

Il patron di Barilla dopo aver a freddo insultato alcuni mesi fa le persone omosessuali, fa retromarcia e promettere gesti riparatori mai pervenuti. L’unica concreta risposta alle montagne d’ipocrisia giunge dalla bevanda una volta più odiata dalla sinistra, che con un colpo indubbiamente di grande impatto commerciale, rende le nostre polemiche, assurde, stantie buone per un Paese consegnato all’immobilità. È inutile commentare per voi un video di un minuto, godetevelo e pensate che Hillary Clinton (probabile futura candidata alle presidenziali americane) l’ha lodato su Twitter.

“Includere una famiglia gay nel video “America the Beautiful” – ha dichiarato il presidente di GLAAD – non è solo un passo avanti per l’industria della pubblicità, ma è un riflesso della crescente maggioranza di americani che sostengono con orgoglio i loro amici LGBT, parenti e vicini di casa, come parti integranti della nostra società”. E com’è dato di sapere la multinazionale è intenzionata a usare il video anche in occasione delle Olimpiadi di Sochi, un modo chiaro, a differenza del nostro governo, di dire da che parte si sta.

 

via Famiglie gay: lo spot della Coca Cola che rende Letta e Barilla molto piccoli | Aurelio Mancuso.

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Pride: una festa e una battaglia, ma senza liturgie – settimanale gli Altri

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di Aurelio Mancuso

Inesorabile come l’8 marzo, meno impegnativa del 1 maggio, destabilizzante come le feste di papà e mammà, è giunta la stagione dei Pride. Il 28 giugno 1969 un manipolo di travestite e transessuali diede del filo da torcere alla polizia allo Stonewall Inn sulla 53° Christopher Street di New York, che per l’ennesima volta irrompeva nei locali gay. Nessun omosessuale in giacca e cravatta era presente, alcuna scintilla di rivendicazione politica classica ha provocato l’ira delle frequentatrici e frequentatori di quel bar, solo la stanchezza e l’umiliazione hanno armato queste persone dei loro tacchi volati contro gli agenti armati di bastoni e disgusto nei confronti dei “pervertiti”. E lo sfoggio di rossetti, tacchi, vestiti colorati sono l’anima stessa dei Pride, della nostra Liberazione che da quel piccolo locale si espansa in quarantaquattro anni e ha travolto prima l’Occidente e ora tutto il mondo, i pregiudizi plurimillenari. In soli quattro decenni la gran parte degli stati degli USA hanno leggi sul matrimonio egualitario o sulle unioni civili, così come il Canada, alcuni paesi dell’America Latina, la gran parte dell’Unione Europea, e così via. (altro…)

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Aurelio Mancuso (Equality Italia) contro Vauro: “Su Fiorito una vignetta ignobile, fa schifo”

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“E’ una vignetta che fa schifo, semplicemente ignobile”. Questo il commento di Aurelio Mancuso, attivista per i diritti LGBT e presidente di Equality Italia, alla vignetta disegnata da Vauro e pubblicata oggi su Il Fatto Quotidiano. Lo schizzo rappresenta Franco Fiorito, ex capogruppo del Pdl nel Lazio, nel panni del carcerato. Con lui in cella altri due carcerati, che lo guardano con fare minaccioso. “Ebbravo Batman… Adesso però ce fai Wonder Woman”.

“E’ una vignetta che non fa ridere per niente”, commenta Mancuso. “Mette insieme, con pessimo gusto, due questioni assai delicate: la violenza sessuale dentro le carceri e la condizione degli omosessuali e dei transessuali dentro le carceri”.

Per Mancuso, il disegno di Vauro è “ignobile” perché prende in giro le persone “per una condizione non scelta da loro”. “In questo Paese, a differenza di altri paesi più civili, i detenuti non hanno diritto alla sessualità”, commenta il fondatore di Equality ed ex presidente nazionale di Arcigay. “Non ci sono le cosiddette stanze dell’amore e i carcerati non hanno diritto a trascorrere momenti di intimità con le persone amate”. Per Mancuso, questo è già di per sé un buon motivo per non ironizzare sulla vita sessuale dei detenuti, visto che gli è di fatto privato l’amore.  (altro…)

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